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ADATTAMENTI DA PREDISPORRE A CURA DELLE CONFERENZE EPISCOPALI

39. È competenza delle Conferenze Episcopali, in forza della Costituzione sulla sacra Liturgia [38], adattare questo Rituale Romano alle consuetudini e necessità delle singole regioni perché, dopo l’approvazione della Santa Sede, venga usato nelle rispettive regioni.

40. Sarà dunque compito delle Conferenze Episcopali:
1) definire gli adattamenti di cui ai nn. 41-44;
2) se il caso lo richiede, adattare e completare le Premesse che si trovano nel Rituale Romano dal n. 36 e seguenti (la scelta del rito) per rendere consapevole e attiva la partecipazione dei fedeli;
3) preparare le traduzioni dei testi, così che corrispondano veramente all’indole delle varie lingue e al genio delle diverse culture, aggiungendo, ogni volta che sarà opportuno, melodie idonee al canto;
4) nel preparare le edizioni, disporre la materia nel modo che si riterrà più adatto all’uso pastorale.

41. Nel predisporre gli adattamenti, si abbia presente quanto segue:
1) le formule del Rituale Romano possono essere adattate o, se il caso lo richiede, completate (anche le interrogazioni prima del consenso e le parole stesse del consenso);
2) quando il Rituale Romano presenta varie formule a scelta, lecito aggiungere altre formule del medesimo genere;
3) rispettata la struttura del rito sacramentale, l’ordine delle parti può essere adattato. Se sembrerà più opportuno, le interrogazioni prima del consenso possono omettersi, ferma restando però la disposizione che colui che assiste richieda e accolga il consenso dei contraenti;
4) se la necessità pastorale lo richiede, si può stabilire che il consenso dei contraenti venga richiesto sempre in forma interrogativa;
5) compiuto lo scambio degli anelli, considerate le consuetudini locali, si può procedere alla incoronazione della sposa o alla velazione degli sposi;
6) se la stretta delle mani o la benedizione degli anelli e la loro consegna non si integrano con l’indole della popolazione, si può stabilire che i suddetti riti vengano omessi o sostituiti con altri riti;
7) con cura e prudenza sia valutato ciò che può essere opportunamente accolto dalla tradizione e dalla cultura dei singoli popoli.

42. Ogni Conferenza Episcopale ha inoltre la facoltà di produrre un rito proprio del Matrimonio a norma della Costituzione sulla sacra Liturgia (n. 63b), rispondente agli usi dei luoghi e dei popoli, con l’approvazione della Sede Apostolica, ferma restando tuttavia la disposizione che colui che assiste richieda e accolga il consenso dei contraenti [39] e sia impartita la benedizione nuziale [40].
Anche ad un rito proprio sono da far precedere le Premesse che si trovano nel Rituale Romano [41], eccetto quelle che si riferiscono alla scelta del rito.

43. Negli usi e modalità di celebrare il Matrimonio vigenti presso i popoli che ora per la prima volta ricevono il Vangelo, tutto ciò che è onesto, e non si lega intrinsecamente a superstizioni o errori, venga considerato con benevolenza e, se possibile, sia conservato con cura e difeso, anzi, sia ammesso nella stessa liturgia, purché sia in armonia con le ragioni di un vero e autentico spirito liturgico [42].

44. Nei popoli presso i quali le cerimonie del Matrimonio si svolgono per consuetudine nelle case, anche per più giorni, occorre adattare queste cerimonie allo spirito cristiano e alla liturgia. Nel qual caso, la Conferenza Episcopale, secondo le necessità pastorali dei popoli, può stabilire che il rito stesso del sacramento possa essere celebrato nelle case.

[38] Cf. CONC. VATICANO II, Cost. sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, nn. 37-40, 63b.

[39] Cf. CONC. VATICANO II, Cost. sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 77.

[40] Cf. ibidem, n. 78.

[41] Cf. ibidem, n. 63b.

[42] Cf. ibidem, n. 37.

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